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Notiziabilità, media, politica e percezione di sicurezza:

è necessario un nuovo progetto specifico che comprenda forme educative ma anche l’abolizione dell’ordine dei giornalisti.

Ho letto in questi giorni vari interventi a riguardo della percezione della sicurezza sociale basata sulla lettura degli articoli riportati dai media.
La notiziabilità giornalistica è proprio quel concetto che riporta ai criteri e alle caratteristiche che rendono un evento degno di essere riportato nei media, quali la rilevanza, la novità, la vicinanza, l’interesse umano e il potenziale impatto sulla società.
Però, quando si tratta di notizie riguardanti la sicurezza, queste tendono a essere particolarmente notiziabili per via del loro impatto immediato sulle vite delle persone e del loro potenziale a generare preoccupazione o paura.
Ricordo parole come “allarme sicurezza”, “poteva essere una strage” o “la paura” …
Le ripercussioni sulla percezione della sicurezza derivano molto dal modo in cui proprio i media selezionano e rappresentano gli eventi.
Ad esempio, se un giornale o un notiziario enfatizza ripetutamente crimini violenti o disastri, sbarchi di clandestini, presenza di immigrati, baby gang … tutto ciò può influenzare la percezione del pubblico, portandolo a credere che tali eventi siano più frequenti e diffusi di quanto non siano realmente.
Questo fenomeno è noto come “amplificazione del rischio”, dove la copertura mediatica aumenta la percezione del pericolo, anche se i dati statistici potrebbero non supportare questa visione.
Occorre riflettere sulla necessità per i media di raccogliere lettori, ascoltatori, pubblico: di vendere notizie, e pertanto tendono a concentrarsi su eventi sensazionalistici che catturano l’attenzione del pubblico, il che può portare a una distorsione della realtà percepita.
Ad esempio, un aumento della copertura mediatica su crimini violenti in una certa area potrebbe far credere agli abitanti che la criminalità sia in aumento, anche se i dati effettivi mostrano il contrario.
Occorre un pubblico educato alla lettura dei media e ai sistemi che legano l’economia alla notizia, altrimenti c’è il rischio di esacerbare paure e preoccupazioni che non sono necessariamente supportate dai fatti, con implicazioni importanti per il modo in cui la società risponde ai problemi di sicurezza e per le politiche pubbliche in materia.
Infatti notiziabilità ed economicismo sono strettamente legati nei media contemporanei.
Le principali notizie sono proprio quelle inerenti all’economia, le oscillazioni dei mercati, le crisi nazionali, le recessioni, lo spread, e ogni decisione politica è spesso analizzata sotto la logica dell’impatto economico, anche quando hanno implicazioni sociali o culturali più ampie. Basti pensare come disastri naturali o conflitti armati vengono spesso inquadrati in termini di costi economici e impatti sulla crescita economica.
I media sono legati a logiche commerciali, in primis la pubblicità e quindi il pubblico che li legge-ascolta-vede in relazione al potere d’acquisto del bene.
Le scelte editoriali e ogni parola usata influenzano gli indici di ascolto-lettura-visione e portano i media a inseguire notizie che generano audience e ricavi pubblicitari, con un conseguente sbilanciamento informativo che deriva verso il sensazionalismo, con una semplificazione eccessiva delle notizie, rendendole difficili da comprendere per il pubblico non specializzato.
Questo genera inevitabilmente un aumento dell’ansia economica poiché la continua esposizione a notizie economiche negative può generare un senso diffuso di incertezza e preoccupazione per il futuro con una distorsione della percezione della realtà a riguardo dei problemi e delle soluzioni.
Particolarmente significativo, recentemente, ritengo sia la distorsione della percezione della sicurezza e del rischio sociale.
L’enfasi su notizie che generano paura o allarme può distorcere la percezione del rischio da parte del pubblico e può far credere che tali eventi siano molto più comuni di quanto non siano in realtà. Questa percezione alterata può influenzare il senso di sicurezza sociale, portando il pubblico a sentirsi meno sicuro di quanto la realtà statistica giustificherebbe.
C’è un continuo ciclo di feedback tra media e social-media, dove le notizie più sensazionalistiche attraggono più audience, e quindi sono più frequentemente riportate, con una polarizzazione dell’opinione pubblica, dove certi temi vengono amplificati, mentre altri, magari più complessi ma meno “vendibili”, vengono ignorati: in termine tecnico è chiamata “rimediazione”.
Questo non solo influisce sulla percezione della sicurezza, ma anche sulla capacità del pubblico di formarsi opinioni informate su questioni sociali, economiche o politiche più ampie.
Questa distorsione della percezione del rischio e della sicurezza sociale può avere conseguenze sui processi democratici poiché i cittadini, influenzati da un flusso continuo di notizie sensazionalistiche, potrebbero esprimere preferenze politiche o sociali basate su paure esagerate o malinformate, con scelte politiche che privilegiano soluzioni semplicistiche o populiste, a scapito di strategie più complesse e basate sui dati reali.
La mancanza di educazione ai media e la considerazione verso il legame tra notiziabilità, politica ed economia non solo influenza il benessere psicologico delle persone, ma può anche avere ripercussioni politiche e sociali, alterando il dibattito pubblico e le decisioni collettive.
Ritengo che oggi sia necessario riflettere anche in Italia sull’abolizione dell’Ordine dei Giornalisti, per una informazione davvero libera, in grado di essere plurale, in considerazione del fatto che grazie alle garanzie costituzionali, chiunque può dire la propria sui blog o sui social, me compreso, pur non essendo un giornalista iscritto all’ordine, assumendosi le proprie responsabilità.
Penso che l’editoria debba essere sostenuta con specifiche forme di finanziamento e agevolazioni, per non cadere nella trappola delle logiche economicistiche, rivedendo le dinamiche delle concessionarie pubblicitarie e senza incidere sulle casse dello stato.

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