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Cultura dell’incompiuto: riflessioni ecosistemiche nella quotidianità.

La cultura dell’incompiuto pervade l’ambito dell’edilizia urbana ma anche quello del cambiamento personale.
In ambito edilizio riflette una condizione particolarmente marcata in Italia che riguarda le opere pubbliche o private che, nonostante le promesse e i progetti ambiziosi, restano ferme a metà o, in alcuni casi, addirittura abbandonate.
In ambito di crescita personale riguarda la decisione di affrontare un percorso di sostegno pedagogico o psicologico per il proprio cambiamento, come una metamorfosi, da bruco a farfalla, spesso concomitante a eventi particolari quali lutti, separazioni, divorzi, nuovo status lavorativo.
In ambito edilizio, il fenomeno non solo condiziona l’estetica e la funzionalità delle città, ma anche il tessuto sociale ed economico, mentre in ambito psico-pedagogico condiziona l’essenza stessa dell’essere umano, nel suo percorso verso il benessere.

Alla radice del problema dell’incompiuto ci sono spesso diversi fattori interconnessi che inevitabilmente si intersecano tra la vita sociale delle città e la vita personale.
Ad esempio incidono la burocrazia eccessiva, con regole, permessi e vincoli che spesso rallentano i lavori edilizi facendo lievitare i costi e portando, in alcuni casi, all’abbandono dei progetti, oppure la mancanza di fondi, che portano all’esaurimento delle risorse prima di completare i lavori, connessi ai cambiamenti politici che comportano la perdita di interesse o di priorità su certi progetti.
Incidono anche la speculazione edilizia, l’impatto sull’ambiente urbano magari per il sopraggiungere di evidenze archeologiche.
Tutto questo porta al degrado urbano causato dalle strutture incompiute, che diventano spesso luoghi di vandalismo o di rifugio per attività illecite.

La similitudine tra i due aspetti, personale e di edilizia urbana, è quindi maggiormente chiaro non solo per quanto si apprende quotidianamente dal nostro ambiente, in un approccio ecosistemico.

In ambito di percorso di sostegno si può assistere ad una sua incompiutezza: non avviene la metamorfosi.

In entrambi i casi c’è uno spreco di risorse, di investimenti in progetti abbandonati che portano ad una frattura nel tessuto sociale e personale, in una sorta di “vuoto” dove il potenziale di sviluppo viene soffocato.
L’incompiutezza è spesso simbolo di instabilità come vera e propria incapacità di portare a termine progetti, in una mancanza di visione a lungo termine, una precarietà che si riflette da una parte nelle politiche pubbliche e dall’altra nell’organizzazione della propria vita.
Si assiste ad una disconnessione tra pianificazione e realtà, dove i progetti di cambiamento avviati portano a un divario tra le ambizioni iniziali e la fattibilità reale, cedendo ai propri impegni di responsabilità.

Per contrastare questa cultura dell’incompiuto nei due ambiti che sto confrontando è necessario a mio parere un cambio di paradigma, con una pianificazione più accurata dei progetti con una maggiore attenzione da una parte alla sostenibilità economica e responsabilizzazione politica, dall’altra alla progettazione temporale del percorso di sostegno, con piani realistici e ben strutturati da parte del pedagogista.

Insomma, citando Grazia Di Michele, non si può rimanere crisalide per troppo tempo o per tutta la vita: occorre completare la metamorfosi.

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